- 30/01/2015 ginkgo
Dopo averle sognate per una vita, finalmente quest’anno ce l’ho fatta: una settimana alle Maldive, in pieno inverno, per un tuffo nella pura bellezza.
La scelta è caduta su Fihalhoi, un po’ ingenuamente e frettolosamente, dato che è stato un viaggio deciso a sorpresa, in pochissimo tempo e dove il prezzo e la poca distanza da Male mi hanno convinto facilmente.
Ovviamente è bellissimo vivere per giorni tra acqua e sabbia, e l’emozione di scoprire la barriera corallina è davvero impagabile. Per me, mezza montanara, nuotare tra i pesci più incredibili e poter vedere facilmente tartarughe, squaletti, mante, piovre, murene è stato davvero emozionante. Aggiungo che la sistemazione è comoda, le camere belle e il cibo buono e abbondante.
Ma non ci tornerò. Stare su quest’isola -da lontano bellissima come tutte le altre che si intravedono dall’aereo o dalla barca- mi ha fatto capire la grande fragilità di questi posti e allo stesso tempo la cattiva gestione che li mette a rischio.
Tutti i giorni, nel pomeriggio dalle 17 in poi, un puzzo di plastica bruciata cominciava a diffondersi per un lungo tratto intorno al bungalow, arrivando fino alla riva. Immaginavo che la gestione dei rifiuti sulle isole non fosse semplice, ma non credevo si bruciasse tutto (ed è davvero tanto). Alla fine della settimana ho letto sul foglio informativo trovato in camera che le ceneri della combustione vengono buttate in mare.
Allora mi sono detta che almeno dovrebbero cercare di ridurre la produzione di rifiuti, per inquinare di meno l’aria e il mare..cosa che non avviene. Alcuni esempi? L’acqua potabile è disposizione solo nelle bottiglie di plastica, che vengono consumate e bruciate in gran quantità (capisco la difficoltà di muovere le bottiglie di vetro, ma non si potrebbe compattare le bottiglie di plastica, raccogliendole in sacchi e smaltendole periodicamente?). I tovaglioli sono di carta a colazione e a pranzo (perché non un tovagliolo di stoffa a testa, anche cambiato tutti i giorni?). Il caffè è disponibile solo in bustine monodose (quasi ovunque, in genere accanto alla grande thermos dell’acqua calda e del latte, si trova il caffè pronto).
Nuotando nei pressi delle spiaggette che danno sulla laguna ho notato molti fili bianchi galleggianti sott’acqua: non c’è voluto molto a capire che sono i fili di plastica di cui sono fatti i sacchi riempiti di sabbia accumulati sulla riva per impedire l’erosione. Bianchi e azzurri, si vedono ovunque: con la forza delle onde si disfano facilmente, pare, e si disperdono ovunque. Sul fondo si impigliano nei coralli, in 2 giorni ne ho recuperati 4. Chissà perché non si possono usare sacchi di juta o di altro materiale naturale.
L’organizzazione e l’efficienza del personale di Fihalhoi è innegabile: ogni sera, mentre si sta a cena, preparano la camera sistemando le lenzuola e accendendo tutte le luci, sia quelle interne (almeno 3), sia quelle del terrazzino e dell’ingresso. Allora ci si chiede se tutta quell’energia spesa inutilmente sia almeno ottenuta dal sole o da qualche altra fonte poco impattante: no, il foglietto informativo del resort mi informa che il generatore di elettricità va a gasolio (dovevo capirlo dall’odore di benzina in certi momenti), quindi invitano gli ospiti a evitate gli sprechi, chiudendo l’acqua mentre ci si lava i denti. Le lucine dei vialetti invece (almeno quelle), funzionano con piccoli pannelli solari.
A Fihalhoi siamo in tanti, troppi: l’oceano deve assorbire anche tutti i nostri “prodotti”. Due lunghi tubi escono sott’acqua dal depuratore dell’isola e vanno a scaricare oltre la barriera. A questo, temo non ci sia soluzione..da sperare che almeno il depuratore funzioni bene (e dall’odore che fa, funziona).
La delicatezza dell’ambiente di barriera richiede senz’altro una tutela speciale. Qualche cartello sulla spiaggia e all’ingresso del resort informa sulle sanzioni per chi tocca, raccoglie, danneggia i coralli e chi disturba la fauna marina: in pratica però, nessuno controlla nessuno, né sulle spiagge né in mare. Ho visto coralli lasciati sui lettini da spiaggia, gente disturbare con le pinne le grandi oloturie immobili sul fondo, altri camminare verso la barriera e lasciarsi dietro coralli spezzati, altri ancora inseguire la piovra per fotografarla sempre più vicino.
Mi sono chiesta se tutti i visitatori delle Maldive sappiano dove sono davvero…forse un’informazione seria all’arrivo sull’isola, che illustri brevemente le problematiche di vivere in questo ecosistema cercando di limitare almeno i danni, sarebbe una cosa importante.
Ora sono tornata nell’inverno, piumino e scarpe grosse. Ma non riesco a smettere di pensare a quel sole, a quell’acqua trasparente, a quei pesci che mi nuotavano intorno..e a quel puzzo di plastica bruciata.
La scelta è caduta su Fihalhoi, un po’ ingenuamente e frettolosamente, dato che è stato un viaggio deciso a sorpresa, in pochissimo tempo e dove il prezzo e la poca distanza da Male mi hanno convinto facilmente.
Ovviamente è bellissimo vivere per giorni tra acqua e sabbia, e l’emozione di scoprire la barriera corallina è davvero impagabile. Per me, mezza montanara, nuotare tra i pesci più incredibili e poter vedere facilmente tartarughe, squaletti, mante, piovre, murene è stato davvero emozionante. Aggiungo che la sistemazione è comoda, le camere belle e il cibo buono e abbondante.
Ma non ci tornerò. Stare su quest’isola -da lontano bellissima come tutte le altre che si intravedono dall’aereo o dalla barca- mi ha fatto capire la grande fragilità di questi posti e allo stesso tempo la cattiva gestione che li mette a rischio.
Tutti i giorni, nel pomeriggio dalle 17 in poi, un puzzo di plastica bruciata cominciava a diffondersi per un lungo tratto intorno al bungalow, arrivando fino alla riva. Immaginavo che la gestione dei rifiuti sulle isole non fosse semplice, ma non credevo si bruciasse tutto (ed è davvero tanto). Alla fine della settimana ho letto sul foglio informativo trovato in camera che le ceneri della combustione vengono buttate in mare.
Allora mi sono detta che almeno dovrebbero cercare di ridurre la produzione di rifiuti, per inquinare di meno l’aria e il mare..cosa che non avviene. Alcuni esempi? L’acqua potabile è disposizione solo nelle bottiglie di plastica, che vengono consumate e bruciate in gran quantità (capisco la difficoltà di muovere le bottiglie di vetro, ma non si potrebbe compattare le bottiglie di plastica, raccogliendole in sacchi e smaltendole periodicamente?). I tovaglioli sono di carta a colazione e a pranzo (perché non un tovagliolo di stoffa a testa, anche cambiato tutti i giorni?). Il caffè è disponibile solo in bustine monodose (quasi ovunque, in genere accanto alla grande thermos dell’acqua calda e del latte, si trova il caffè pronto).
Nuotando nei pressi delle spiaggette che danno sulla laguna ho notato molti fili bianchi galleggianti sott’acqua: non c’è voluto molto a capire che sono i fili di plastica di cui sono fatti i sacchi riempiti di sabbia accumulati sulla riva per impedire l’erosione. Bianchi e azzurri, si vedono ovunque: con la forza delle onde si disfano facilmente, pare, e si disperdono ovunque. Sul fondo si impigliano nei coralli, in 2 giorni ne ho recuperati 4. Chissà perché non si possono usare sacchi di juta o di altro materiale naturale.
L’organizzazione e l’efficienza del personale di Fihalhoi è innegabile: ogni sera, mentre si sta a cena, preparano la camera sistemando le lenzuola e accendendo tutte le luci, sia quelle interne (almeno 3), sia quelle del terrazzino e dell’ingresso. Allora ci si chiede se tutta quell’energia spesa inutilmente sia almeno ottenuta dal sole o da qualche altra fonte poco impattante: no, il foglietto informativo del resort mi informa che il generatore di elettricità va a gasolio (dovevo capirlo dall’odore di benzina in certi momenti), quindi invitano gli ospiti a evitate gli sprechi, chiudendo l’acqua mentre ci si lava i denti. Le lucine dei vialetti invece (almeno quelle), funzionano con piccoli pannelli solari.
A Fihalhoi siamo in tanti, troppi: l’oceano deve assorbire anche tutti i nostri “prodotti”. Due lunghi tubi escono sott’acqua dal depuratore dell’isola e vanno a scaricare oltre la barriera. A questo, temo non ci sia soluzione..da sperare che almeno il depuratore funzioni bene (e dall’odore che fa, funziona).
La delicatezza dell’ambiente di barriera richiede senz’altro una tutela speciale. Qualche cartello sulla spiaggia e all’ingresso del resort informa sulle sanzioni per chi tocca, raccoglie, danneggia i coralli e chi disturba la fauna marina: in pratica però, nessuno controlla nessuno, né sulle spiagge né in mare. Ho visto coralli lasciati sui lettini da spiaggia, gente disturbare con le pinne le grandi oloturie immobili sul fondo, altri camminare verso la barriera e lasciarsi dietro coralli spezzati, altri ancora inseguire la piovra per fotografarla sempre più vicino.
Mi sono chiesta se tutti i visitatori delle Maldive sappiano dove sono davvero…forse un’informazione seria all’arrivo sull’isola, che illustri brevemente le problematiche di vivere in questo ecosistema cercando di limitare almeno i danni, sarebbe una cosa importante.
Ora sono tornata nell’inverno, piumino e scarpe grosse. Ma non riesco a smettere di pensare a quel sole, a quell’acqua trasparente, a quei pesci che mi nuotavano intorno..e a quel puzzo di plastica bruciata.