Pesca alla traina
Quello che sto per raccontarvi è una sintesi basata su anni di esperienza di pesca a traina alle isole Maldive. Un aiuto, un indirizzo e nulla di più.
L'oceano indiano riserva grandi emozioni per chi si avvicina alla pesca a traina, e le Maldive in definitiva, pur non offrendo possibilità di catture enormi, poiché sono quasi assenti i black marlin, gli striped marlin ed il tonno rosso (bluefin tuna), garantiscono però il miglior compromesso al mondo, rapportando il numero di catture, costi di affitto delle imbarcazioni ed ospitalità nei tempi di riposo.
La traina alle Maldive è suddivisibile in due metodi:
-La traina con il vivo (sia con la canna che con lenza alla maldiviana)
-La traina con gli artificiali.
LA TRAINA CON IL VIVO
Questo tipo di traina presuppone la cattura di piccoli pesci foraggio, da utilizzare come esca viva, o di bonitos, sempre per poi trainarli allamati in attesa di una abboccata.
Il pesce foraggio più utilizzato è il "mugurà", cioè una serie di piccoli pesci, grossi come una sarda, di svariati colori, che vivono sui fondali all'interno del reef ad una profondità variabile dai 5 ai 10 metri. La pesca del mugurà è appannaggio dei pescatori maldiviani e solo in rare occasioni un turista può assistere a questo rito che definirei primordiale.
Innanzi tutto il capitano si porta in luoghi dove sabbia e banchi di corallo si alternano e, scrutando il fondo, riesce ad individuare nel corallo branchi di questi pesci. Fatte più ispezioni, si decide il posto dove ancorare con due ancore il dhoni (una a prua una a poppa), badando di essere sulla parte sabbiosa nei pressi del corallo e al traverso della corrente. Viene poi ridotto in poltiglia del pesce bianco precedentemente portato e si prova a lanciarne qualche pugnetto ben strizzato e, durante il tragitto verso il fondo, si ha la certezza che i branchi di mugurà nascosti tra i coralli accorrono a frotte per cibarsi dell'esca.
A questo punto si allarga una rete a maglia fine, di forma quadrata con il lato uguale alla lunghezza del dhoni, la si fissa alle murate e mentre tre pescatori si bardano di giubbotti salvagente e maschera, si cala la rete in verticale in favore di corrente così che non vada sotto l'imbarcazione ancorata.. I pescatori in acqua iniziano a distenderla verso il largo e, nel frattempo, attraverso 3 cime la calano sul fondo sabbioso in contemporanea a coloro che stanno a bordo.
Quando la rete è distesa sul fondo, i tre pescatori in acqua tengono una cima a testa ed altri gli altri tre tengono le cime sul lato opposto sul dhoni. Quindi si tuffa un altro marinaio che deposita nel centro della rete la carne in poltiglia del pesce bianco e riemerge per imbarcarsi sul dhoni. Non c'è che da attendere il cenno del capitano che, con la testa in acqua dal bordo del dhoni, dia il via al chiudere della rete.
Fin qui sembra tutto normale... La particolarità è che io ho provato a tirare su la rete nuotando verso il dhoni per chiudere la trappola, ma senza DUE salvagenti mi era impossibile, poiché invece di tirare su la rete andavo a fondo io...loro invece ce la fanno.
Una volta chiusa la rete e le cime a bordo non si fa altro che salpare il sacco preparando la vasca del vivo con opportuna acqua di mare e pompa a scoppio per il ricircolo ed ossigenazione.
Il mugurà catturato viene direttamente rovesciato nella vasca e l'operazione, se ha dato buoni frutti (una quarantina di chili... ovvero tra i duemila ed i tremila pesciolini) si può rimettere a posto tutta l'attrezzatura, ovvero stendere la rete sul tetto del dhoni per farla asciugare, rimuovere le ancore e partire per la zona di pesca.
La zona di pesca è la solita zona che viene sfruttata per tutte le specialità di pesca, ovvero la pass, contro corrente (la corrente deve entrare ), motore appena accennato tanto per stare quasi fermi o al massimo procedere alla velocità di un nodo. Due persone lanciano in acqua il mugurà che attira tutti pesci della zona, altre persone munite di lenza a mano (diametro 100 ed amo tipo Mustad zincato N° 7) lanciano in mare le prime esche in lamate per gli occhi. A questo punto, attirato un branco di pesci commerciabili è una specie di lavoro a catena lancia e tiri su ecc ecc..per rallentare l'uso del mugurà vivo di pastura si è soliti, nel lanciarlo, farlo rimbalzare sulla coperta del dhoni e poi giù direttamente in acqua ben stordito e dal nuoto incerto.....la preda preferita.
Questa pesca attira tutti i pesci dai comuni "mania mass" (una specie di pesce limone) ai tonni pinna gialla, tonni di barriera e troppe volte "urumass" (kingfish) che, a dispetto del nylon, tagliano tutto per via della dentatura finissima ed affilata.
All'avvicinarsi del tramonto è spesso presente il pesce vela (ibaru) che ovviamente non si farebbe mancare un lauto pasto gratis....se abbocca normalmente i maldiviani combattono poco e lanciano la lenza in mare con relativa latta in plastica da 10 litri al quale era avvolta la lenza..ci penserà la latta a stancare il pesce e solo con attenzione e continuando a pescare altro si andrà poi a ritirarla quando non la si vedrà più sfrecciare a destra ed a manca.
Normalmente il bottino di una giornata di pesca è di circa 300KG di pesci variegati, per un equipaggio di sei o sette persone.
Altro pesce utilizzato per la traina lenta è il "mushimass" (sugarello) che stavolta si pesca nelle isole dei residenti dove in stagione si ammucchia a branchi scuri nel porto o all'ombra delle barche alla fonda. Viene pescato con una piccola canna ed un amo piombato recante una piumetta...di solito i maldiviani lo fanno a cavallo di vecchie tavole da windsurf o con i galleggianti più strani. Quello che si pesca viene deposto in una cesta in plastica forata immersa nell'acqua e tenuta a galla da tante bottigliette di plastica legate al bordo superiore della cesta stessa.
Con il mushimass la pesca è identica, in questp caso però la preda più ambita è il pesce vela ed il tonno pinna gialla. E' possibile anche l'utilizzo del mushimass con la canna da traina sportiva, avendo cura di mettere un terminale sui 5 metri di nylon del 120 ed un amo non grande tipo Mustad Zincato N° 4. L'esca non va "inlamata" negli occhi ma nella cavità nasale, pena la morte immediata dell'esca stessa.
In questo caso (con la canna) dato che la resistenza in traina lenta del mushimass è pressoché nulla, si usa porre la canna nel porta canna con la frizione aperta tutta, sfilare una cinquantina di metri e tenere la lenza in mano per "sentire" come nuota il pesce e se avverte l'arrivo del predatore, laddove si esibisce in fremiti strappi, salti sussulti...alcune esche scappano tanto che superano il dhoni e in quel caso si deve avere l'accortezza di accelerare per tenere sempre la lenza verso poppa e possibilmente distesa.
Se abbocca il pesce vela, la ferrata è decisa, contrariamente ad altri sistemi che vedremo più avanti. Si lascia correre il filo per una decina di secondi, si prende la canna in mano e chiusa la frizione allo strike (NB Strike tarato per il terminale in nylon) si ferra con decisione. Ci penserà il pesce nella fuga iniziale a ferrarsi meglio. Conviene quindi innestare la marcia a mezzo gas e seguire il pesce poiché non abbiamo modo di forzarlo, avendo un terminale tutto sommato debole. La pesca può durare anche un'ora ...un'ora e mezza nel caso di pesci vela importanti e vicini ai 50 chili...ma si deve avere assoluta pazienza poiché come detto, pur essendo snervante, il terminale è quello che è si potrebbe facilmente distruggere sul rostro o strappare il nodo dell'amo. Insomma ..una bella briga che pero dà risultati.
Alla maldiviana invece lo stesso mushimass viene innescato con una trentina di metri filo del 120 e vengono lanciate in mare tante latte da 10 litri in riga, ognuna portante una lenza ed un'esca. Messe in mare una decina di latte, si risale la scia e la prima che parte è quella da seguire..se sono due meglio.....naturalmente lasciando che il pesce si stanchi da solo.
Bonitos
Merita un discorso a parte la pesca del bonito da usare per esca. Si pesca a traina all'interno dell’atollo nei pressi di thile, secche e quant'altro. Le lenze sono normalmente 4 e portano 2 ami ciascuna guarniti con polipetti in PVC , fiocchetti di rafia rossi, altre esche finte "moderne". Io uso con successo due affondatori (uno per lato del dhoni) tipo Steam , il modello grande piombato 150 grammi sta sotto circa un metro e mezzo e, in certe giornate rende più delle lenze di superficie, in più....navigando sott'acqua, posso pescare con sei lenze, delle quali due agli affondatori e quattro in superficie.
La vasca del vivo deve essere grande, areata e con solo due grossi fori in carena. I tanti fori che si usano per il mushimass o il mugura , confondono con il loro getto d'acqua il bonito, che invece di nuotare alla rotonda, cercherà di sfuggire pestando di "naso" contro le paratie e l'ossatura del dhoni. Ergo in 5 minuti muoiono. Quindi pompa sempre in azione, acqua fresca e due soli fori diametro 60mm che possano immettere l'acqua nella vasca che la pompa nel frattempo risucchia.
I bonitos, pur apparendo uguali, sono di due specie:
- il bonito tradizionale striato chiamato "latti"
- il bonito dalla pancia argentea e solo tre o quattro macchie nere nella zona branchiale, chiamato "raguli"
Il "latti" è buono per la traina lenta, mentre il "raguli", anche se più delicato, è il massimo per la cattura del vela.
Il terminale per il vivo è normalmente costituito da un filo di acciaio trecciato non ricoperto, con una resistenza di circa 130-180 lbs, è lungo circa un metro e mezzo ed all'estremità, a cui va attaccata la lenza, porta una girella scura non nichelata, della stessa potenza del filo. Il primo amo, detto trainante , deve essere un amo forgiato in acciaio inox tipo Mustad 3/0 con occhiello, il secondo, detto pescante, un po’ più grande e dello stesso tipo. Gli ami sono "piombati" con le apposite pinze e barilotti e devono poter penzolare liberi dal terminale. Il primo amo si conficca nella parte superiore della bocca del bonito facendolo fuoriuscire, il secondo, sfruttando il foro anale , lo si fa entrare e riuscire verso la pinna caudale in modo che entrambi siano con la punta rivolta verso la testa del pesce.
A questo punto, già nella zona di pesca, si lancia bonito a poppa con la canna nel porta canne e la frizione completamente aperta, in modo che nuotando liberamente sfili una ventina di metri di filo. Poi con calma si tiene il filo in mano "sentendo" come nuota il pesce , sempre con frizione libera e badando che il filo, sia per il vento o per i movimenti della barca, non si "incappucci" sulla canna. Se il pesce esca avverte la presenza di tonni o predatori, inizierà un balletto che sara trasmesso dalla lenza alla mano con strattoni ripetuti, irrigidimenti della lenza ed a volte fughe verso la barca.
Se il pesce abbocca mollate tutto. Prendete con calma la canna lasciando che la lenza sfili e lasciate, mentre il capitano del dhoni accelera la barca al massimo, serrare la frizione allo strike e ferrare decisamente. Se la ferrata funziona sentirete tutto il peso del tiro sulla canna ed è opportuno, a questo punto, essere saldi sulla poppa se si pesca in stand up, in altro caso ci si siede sulla sedia e si posiziona la canna nell'apposito bicchiere. Se dopo la ferrata, accadesse una veloce fuga ed il rilascio dell'esca, approfittando della velocità della barca, aprire di nuovo la frizione, mollare una trentina di metri di lenza in mare e riferrare. Questa operazione, con il pesce vela che non ha abboccato "sincero", la si può tentare anche tre quattro volte, perché il pesce torna sull'esca che apparentemente è morta e ferma. Se invece vi va male..ed al secondo tentativo avete uno strike vero..quasi sicuramente avrete allamato un barracuda. Segue ovviamente la parte "combattimento", di cui tralascio la spiegazione perché è la più intuitiva e facile di tutta la fase di pesca.
Una sola attenzione...mai portare nei pressi della poppa il pesce vela ..tenerlo sempre su un fianco del dhoni, poiché certi esemplari hanno la brutta abitudine, vista la poppa, di attaccare e saltarci letteralmente sopra, con probabilità molto alte di farsi del male con il rostro. Di fianco invece il pesce viene raffiato e, con uno straccio o guanti (ma meglio un bel vecchio asciugamano), si acchiappa per il rostro il pesce e con due belle botte secche nella parte frontale, lo si tira a bordo. Da notare che la "classe" degli anglosassoni ha chiamato quella specie di mazza in legno "PERSUADER" (!) mentre in maldiviano si chiama "muguru".
Questa è l'azione di pesca standard con ami dritti. Nel caso usaste ami "circle hooks", MAI ferrare, poiché togliereste dalla bocca l'esca, in questo caso si deve trainare con la canna già tarata di frizione vicino allo strike, e quando abbocca, in TEORIA, il pesce fa tutto da solo (io preferisco gli ami dritti, mentre in tutti i Caraibi, Key's in Florida comprese, si usano circle hooks, ma questo per esigenze di sicurezza, poiché al 99% sono barche da charter pesca e non vogliono che il cliente ferri il pesce toccando la canna prima dell'abboccata. Lasciano fare tutto dal pesce e dall'amo.... e poi ti mettono la canna in mano (anche per questo preferisco le Maldive dove non esistono regole/consuetudini di standard di sicurezza eccessivi come in altre nazioni.)
LA TRAINA CON L'ARTIFICIALE
La traina in altura con l'artificiale alle Isole Maldive è sempre fatta lungo i reef esterni, quindi nell'oceano indiano, percorrendo parallelamente il reef a distanze variabili ma comunque dove l'acqua è blu intenso e nei pressi della caduta di fondale. La velocità di traina con artificiali maldiviani o artificiali che non siano Rapala o simili, è tra i 6,5...7,5 nodi, cioè coincide con la velocità di crociera di un normale dhoni di 35 piedi, poiché quasi tutti montano lo stesso gruppo propulsore Yanmar tre cilindri da 36cv. D’altronde velocità maggiori non ottengono migliori risultati. La barca ideale per la traina, strano ma vero, è senz'altro il dhoni, poiché la sua particolare carena costituita da forme importanti nella parte prodiera che vanno assottigliandosi ed appiattendosi a poppa, fà si che nel cavo o sulla cresta dell'onda di ritorno dal reef, questa galleggi in modo da contenere al massimo il rollio e quindi in comfort relativo di marcia. Altre carene di blasonate imbarcazioni in vetroresina o moderne, hanno scadenti risultati in questo particolare genere e tipologia di pesca poiché le carene a V profondo tendono a "seguire" il rollio ed alla successiva onda, rispondere con imbardate laterali, tali anche da superare il Mt/sec, cioè da rendere quasi impossibile la stabilità in piedi di un uomo a bordo.
Detto ciò, la barca "ideale" può essere attrezzata con 4 porta canne fissi e deve avere un sufficiente pozzetto poppiero per l'azione di pesca, non deve avere il tetto che raggiunge e copre la poppa (come nei dhoni in servizio escursioni e appoggio immersioni) poiché il tetto impedisce il lavoro della canna. Deve avere una zona centrale con un vano stagno da adottare quale vasca del vivo ed una relativa pompa a scoppio quattro tempi Honda da 4CV (tutti usano quella) con tubo pescante nella vasca e tubo che scarica fuori dal bordo l'acqua circolante.
Normalmente si usano due lenze attrezzate come "teaser" (altro termine anglosassone carino) ovvero due lenze con polipetti, finti pesci in gomma e "fly fish" ovvero quello che in gergo si chiamano aeroplanini, in modo da creare una scia a galla che attira sia per rumore e sciacquio sia nei riflessi, i pesci predatori.
Le esche finte sono solitamente montate con il solito terminale acciaio trecciato, girella e poi vengono montate esche artificiali di vario genere infilate per il terminale ed a seguire un amo che io consiglio in acciaio inox, con occhiello, forgiato e dritto, tipo i Mustad 5/0 ...7/0 da "tonni". Io scarto le esche in materiale gommoso perche fragili e soprattutto, con la presenza dei king fish che hanno denti come rasoi, dopo due abboccate sono da buttare via.
Una ottima esca nelle sue varie forme e colori è l'artificiale Iland Lures americano fatto in materiale acrilico in fili sottilissimi che comunque passano tra un dente e l'altro dei kingfish e sono duraturi, oltre che catturanti. Solitamente l'amo viene "guarnito" con una striscia di pesce che può essere tratta dalla parte argentea della pancia del bonito o dalla pancia del kingfish. Queste strisce sagomate a punta nel finale, vengono montate sull'amo più o meno a metà della lunghezza e la parte superiore viene "cucita" al gambo dell'amo in modo che sia poi coperta dall'artificiale che si presenterà con un "codino" in pesce che il maldiviani ritengono indispensabile per ottenere catture. Nella realtà questo codino induce un movimento attirante e forse anche l'odore del pesce coadiuva l'utilizzo... ma utilizzando per esempio un pezzo di sacchetto di plastica che crei il codino... i pesci mangiano ugualmente.
Io di solito monto due canne "corte" a centro barca (cioè vicine alla poppa e poco dopo le due lenze dei teasers) e due laterali più "lunghe (ovvero più lontane). Le frizioni sono tarate a circa 3/5 (tre quinti) dello strike in modo da evitare shock inutili sulle attrezzature. Normalmente monto nelle due canne corte vicine ai teasers, tra la lenza ed il terminale, due aeroplanini rossi che creino una scia che confonda ancor più l'esca posta dopo. Le abboccate dei tonni/barracuda/kingfish sono "sincere" e sicure , ovvero si allamano da soli e, rallentata la barca e presa la canna in mano, non si ha altro da fare che recuperare, mentre l'abboccata del pesce vela a traina veloce è tutto un dilemma da scoprire con l'esperienza.
L'abboccata del pesce vela a traina veloce.
Poiché è la preda più ambita merita una digressione: il pesce vela si avvicina all'esca seguendola con la spada solitamente fuori dall'acqua. Un occhio esperto vede e si prepara, in altro caso capita che comunque il pesce dia due o tre colpi di rostro all'esca. Questo causa un tentennamento alla canna anche di soli venti centimetri, ma deciso e talvolta sfilando mezzo metro di lenza, seppur sotto il carico della frizione. Immediatamente si deve prendere la canna in mano e rilasciare filo in modo che il pesce creda che l'esca sia "morta" o stordita, poiché non viaggia più alla velocità della barca ma è ferma sfilandosi la lenza. Fatto ciò si ferra una volta ...se va a vuoto, si riapre la frizione e si ripete l'operazione, magari aspettando anche 10 secondi. Di solito si sente il pesce riabboccare, stavolta con la bocca, e la ferrata che ne consegue è quasi sempre definitiva.
Comunque mai disperare poiché nel caso il tentativo fallisca, il dhoni gira e torna sul posto per ritentare l'operazione ed a quel punto magari abboccano simultaneamente in due! La particolarità della ferrata al pesce vela è che ogni volta è una nuova esperienza, ma sempre con la stessa tecnica. Piccolo particolare: i pesci vela "ibaru" sono monogami e quindi viaggiano sempre in coppia e facilmente preso il primo, insistendo in zona, si pesca anche il secondo.
Talvolta, nelle calde giornate di marzo, si concentrano branchi anche di una ventina di esemplari a caccia sulla bocca di qualche pass, ed allora è facile poterne catturare più di uno...(anche sei..dieci pesci..). Una "spia" favorevole alla presenza del pesce vela è se si vedono, nei pressi del reef, saltare branchi interi di aguglie. In quel posto sicuramente ci sono "ibaru" ed in quel posto si deve insistere, se poi abbocchino per fame o per invasione territoriale di un "coso" che alla fine nulla c'entra con i pesci veri, non è dato di sapere... certo è che abboccano o meglio attaccano a tutte le ore, anche quelle più insperate, anche se il momento dell'alba e della salita del sole è il più redditizio.
Direi che un piccolo panorama su come e cosa si possa fare sia stato dato, nella speranza di avvicinare gli appassionati con un'idea più chiara sul "come funziona" la pesca alle Maldive.
a cura Titta (nick Forum Giovanni Sala)